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Pur essendo un parco urbano è molto interessante dal punto di vista naturalistico, in particolare si riscontra la presenza di una copertura vegetale matura e stratificata dove si possono individuare i diversi strati del bosco (arboreo, arbustivo, erbaceo) con pianate autoctone e di elevato pregio naturalistico. Questo permette di offrire al visitatore un’immediata sensazione di “bosco”, la presenza di una copertura vegetale matura permette anche di avere una comunità faunistica consolidata e stabile ( passeriformi, rapaci notturni, piccoli mammiferi e insetti).
Il Museo dell'Emigrazione Marchigiana è stato inaugurato il 9 dicembre 2013 ed è ospitato nei sotterranei di Villa Colloredo Mels. Si propone di presentare e valorizzare le testimonianze che raccontano, attraverso le storie umane, la vicenda emigratoria degli oltre 700.000 Marchigiani che, in passato, hanno lasciato la Regione per cercare migliori condizioni di vita oltreoceano o nel Nord Europa. Il Museo racconta il contesto generale dell'emigrazione e la situazione marchigiana del fenomeno migratorio: la decisione di partire, la preparazione del viaggio, il porto, il viaggio in ferrovia, la miniera, le mete migratorie, l’emigrazione di genere, storie di successo, il legame e la sinergia contemporanea tra gli Emigrati e le Marche. La narrazione è affidata a gigantografie, oggetti e documenti che accompagnano il visitatore in tutto il percorso, insieme alle postazioni multimediali che, da un lato, guidano il visitatore in un “viaggio” dal forte impatto emotivo e, dall'altro, consentono un agevole approfondimento del materiale esposto.
La chiesa, con l'annesso Palazzo Vescovile e le carceri, ha una lunga storia di costruzione e rifacimenti a partire dagli inizi del XII secolo. Caratteristica della cattedrale è la mancanza di facciata, incorporata nel nuovo Episcopio edificato nel Seicento, per cui la porta principale è ora posta nella fiancata laterale. Il vasto interno è a tre navate e l'attuale soffitto a cassettoni in legno intagliato risale al 1620 e venne fatto eseguire dal Cardinale Galamini. L'architetto Carlo Orazio Leopardi abolì gli archi acuti che sostituì con quelli ribassati. Nel piccolo atrio che precede il "Sancta Sanctorum" sono posti i sarcofagi del Cardinale Angelo da Bevagna, vescovo dal 1383 al 1412, del vescovo Nicolò delle Aste da Forlì, che iniziò il Santuario di Loreto, e del Papa Gregorio XII, il quale rinunciò al Papato e fu Vicario della Marca. Le carceri risalgono al XV secolo e furono aggiunte dal vescovo-cardinale Vitelleschi. Vi furono prigioniere anche le 32 "streghe" condannate al rogo dall'Inquisizione. L'antico Episcopio, risalente alla prima metà del Trecento, fino ad alcuni anni fa ha ospitato il Museo Diocesano (attualmente risistemato nel nuovo episcopio) con un'importante raccolta di dipinti eseguiti dal XVI al XVII secolo di artisti quali Guglielmo da Venezia, Ludovico Urbani, Giacomo da Recanati (1443), Sassoferrato, Guercino, e ancora una Sacra Famiglia attribuita al Mantegna; inoltre arredi e oreficerie di vari secoli, sculture, messali, opere d'arte minore. Nel loggiato del vecchio episcopio si trovano diversi pezzi lapidei, una statua romana e un lavabo di Andrea Sansovino. La Cattedrale è stata aperta dopo lavori di restauro nel 2011.
La chiesa, costruita originariamente nel corso del Quattrocento, venne poi rifatta nel XVIII secolo. Al suo interno vi è una fedelissima riproduzione della Santa Casa di Loreto, quale era prima dell'incendio del 1921, e un'antichissima immagine della Madonna.
Nel lato sud della piazza, svetta la Torre del Borgo, torre ghibellina la cui primitiva costruzione, simbolo della fusione in un unico Comune degli antichi castelli, risale al XII secolo. Sui lati di questa costruzione spiccano il leone rampante nello stemma cittadino, scolpito da Jacopo Sansovino, lo stemma della città di Fermo, regalato ai recanatesi nel XIII secolo in segno di alleanza, il bassorilievo bronzeo di Pier Paolo Jacometti raffigurante la Traslazione della Santa Casa di Loreto (1634), un orologio, il cui quadrante in pietra bianca risale al 1562 e la targa ai caduti di Guido Cirilli (1923).
Il secondo centro artistico-culturale di Recanati è la piazza intitolata a Giacomo Leopardi, con il neoclassico Palazzo Comunale, costruito alla fine dell'Ottocento in occasione del primo centenario della nascita del poeta, su progetto di Pietro Collina. L'Aula Magna, nella quale risuonò il discorso commemorativo di Giosuè Carducci nel 1898 e dove è tuttora conservato il pianoforte di Beniamino Gigli, fu decorata dall'architetto Gaetano Koch, stesso autore del palazzo della Banca d'Italia a Roma. D'interesse all'interno del Palazzo Comunale sono anche la Sala di Rappresentanza con il busto del Poeta eseguito da Giulio Monteverdi, la Sala degli Stemmi con le insegne delle città che parteciparono al primo Centenario Leopardiano del 1898 e l'Aula Consiliare decorata da Matteo Tassi.
Costruita dopo la venuta dei Padri Domenicani nel 1272, la chiesa venne rimaneggiata in vari periodi. Nel convento, ora demolito, sostò San Pietro martire che vi lasciò una reliquia della Santa Croce. L'attuale portale è attribuito a Giuliano da Majano e risale al 1481 mentre l'abside in stile neogotico risale all'Ottocento. La chiesa di San Domenico conserva al suo interno il dipinto San Vincenzo Ferrer in gloria (1513?), affresco eseguito da Lorenzo Lotto e privato nel Settecento delle pari superiore e inferiore per adattarlo, in occasione del rifacimento barocco della chiesa, alle dimensioni di una pala d'altare. L'opera è l'unico affresco realizzato dal Lotto nelle Marche. Di fronte allo stesso, il San Sebastiano del Torregiani. Scendendo nella via, a destra della chiesa, si incontra Porta San Domenico del XVI secolo, una delle tredici porte delle vecchie mura urbiche.
Teatro Persiani – Inaugurato nel 1840, fu fortemente voluto dal gonfaloniere Monaldo Leopardi, grande appassionato di rappresentazioni, in sostituzione del vecchio che era presso il Palazzo Comunale. L'architetto Tommaso Brandoni per il progetto si ispirò ai moderni teatri del tempo. La sala presenta la curva a ferro di cavallo e quattro ordini di palchi. Il boccascena è architravato e sorretto da binati di paraste decorate, culminanti in coppie di mensoloni a modiglione. L'apparato decorativo venne dipinto dai sangiorgesi Saverio ed Eusebio Basili; il plafone, raccordato con lunette dipinte a trompe-l'œil, venne affrescato dal riminese Marco Capizucchi e rinnovato nel 1870 dai recanatesi Luigi Basvecchi e Lorenzo Urbani; la scenotecnica venne curata dal maceratese Gaetano Ferrari mentre le scene fornite dal celebre pittore e scenografo di Faenza, Romolo Liverani. Il teatro è intitolato a una delle glorie di Recanati, Giuseppe Persiani, fra gli operisti più in voga della prima metà dell'Ottocento. La consacrazione come operista gli venne con «Danao re d'Argo» (1827) su libretto di Felice Romani, definita "geniale" dallo stesso Giacomo Leopardi in una lettera al fratello Carlo. La grande fama gli arrivo nel 1835 con l'opera «Ines de Castro», su libretto di Salvadore Cammarano, che raccolse consensi non solo in Italia ma in tutta Europa.
Museo Beniamino Gigli - Il Teatro Persiani è sede del Civico Museo Beniamino Gigli, un tempo all'ultimo piano del Palazzo Comunale. Il nuovo allestimento è stato curato dal regista Gabris Ferrari, docente dell'Accademia di Venezia, che ha lavorato in collaborazione con lo scenografo Marcello Morresi. La Sala dei Trenta e i locali attigui offrono un percorso di scoperta e ascolto di uno dei cantanti lirici più amati dal pubblico, Beniamino Gigli. Tra le particolarità dell'allestimento, la ricostruzione del suo camerino e la realizzazione di un piccolo spazio teatrale dove sono presenti delle gigantografie del tenore immortalato durante le esibizioni più famose. Nella sala principale è stato invece ricavato una sorta di cinema ideale dove vengono proiettati dei film di Gigli, che i visitatori potranno guardare seduti su vecchie sedie da cinema restaurate. Nello stesso spazio è stato allestito anche un punto di visione, con due postazioni, dove scorrono le immagini di un racconto visivo della sua vita. Nel museo sono conservati un gran numero di costumi di scena, spartiti musicali, una ricca rassegna stampa formata dagli articoli e dalle recensioni a lui dedicate dai giornali di tutto il mondo, la sua discografia completa e numerose onorificenze e premi ottenuti dal tenore nella sua quarantennale carriera.
L’edificio fu fatto erigere dal Cardinal Venieri su disegno di Giuliano da Majano, il quale diresse anche i lavori di costruzione. Il palazzo, situato sul punto più alto della zona centrale di Recanati e a cavallo delle mura urbiche, fu concepito come una costruzione a metà tra residenza e castello urbano. Nell’agosto del 1497 la morte del cardinale pose fine ai lavori del palazzo, che rimase così incompiuto. Nel XVIII secolo i nuovi proprietari ripresero i lavori e il palazzo assunse un nuovo aspetto, quello che conserva tuttora: venne innalzato un altro piano e le logge e gli archi del portico, con colonne in pietra d’Istria e raffinati capitelli con lo stemma cardinalizio, vennero chiusi nella facciata. Il cortile interno, che conserva Nel XVIII secolo i nuovi proprietari ripresero i lavori e il palazzo assunse un nuovo aspetto, quello che conserva tuttora: venne innalzato un altro piano e le logge e gli archi del portico, con colonne in pietra d’Istria e raffinati capitelli con lo stemma cardinalizio, vennero chiusi nella facciata. Il cortile interno, che conserva ancora il disegno originale, si apre ad ali sul paesaggio collinare seguendo un modello che si riscontra frequentemente nelle architetture rinascimentali marchigiane; un arco-balcone si affaccia sulla fascia costiera e sopra di esso spicca un orologio con l’iscrizione «Volat irreparabile tempus». A Palazzo Venieri furono ospiti due Papi, Paolo III nel 1539 ePio VII nel 1814. Con questo palazzo Giuliano da Majano sperimentò la soluzione che poi rimise in atto con la Villa di Poggioreale costruita per Alfonso d’Aragona a Napoli.
Chiesa di Sant’Agostino - La costruzione in stile gotico risale al XIII secolo; la chiesa e il chiostro furono costruiti assieme al Convento degli Eremitani di Sant'Agostino nel 1270 e rifatti, un secolo dopo, in concomitanza dei lavori alla Cattedrale di San Flaviano. Nonostante i rifacimenti, la chiesa conserva le arcate delle lunghe finestre, ora chiuse, con eleganti decorazioni in cotto. Il portale in pietra d'Istria fu eseguito da Giovanni di Fiandra su disegno di Giuliano da Majano (1485) mentre l'interno fu rifatto sul finire del XVII secolo su disegno di Ferdinando Galli da Bibbiena. Di notevole pregio sono gli ornamenti degli altari: marmi e pale eseguite da pittori di rilievo quali il Filippo Bellini, Pier Simone Fanelli, Felice Damiani e resti di affreschi realizzati da Giacomo da Recanati. Nella chiesa sono conservate anche alcune opere di Antonio Calcagni, che qui è stato sepolto e opere del Bellini. Dal Chiostro di Sant'Agostino è visibile il campanile della chiesa, decapitato da un fulmine, reso celebre dalla poesia leopardiana Il passero solitario.
Chiostro e Torre del Passero Solitario - Dal Chiostro di Sant'Agostino è visibile il campanile della chiesa, decapitato da un fulmine e reso celebre dalla poesia leopardiana “Il passero solitario”.
Di impianto romanico-bizantino, il complesso fu ceduto ai padri della Compagnia di Gesù i quali, a spese principalmente di due fratelli Leopardi, vi fondarono un collegio. La chiesa ha subito un rifacimento nella seconda metà del Seicento a opera dell'architetto Pier Paolo Jacometti. Il terremoto del 1741 danneggiò profondamente la facciata che nel 1771 fu rifatta in cotto e con le colonne a spirale bicromate, su disegno di Luigi Vanvitelli. Dalla cappellina all'inizio della navata di destra si ha l'accesso all'oratorio della Congregazione dei Nobili, dove era conservata la tela del Pomarancio (Cristoforo Roncalli) raffigurante La presentazione al Tempio, due piccole tele di Pier Simone Fanelli e L'Assunta del Latre. Da questo luogo il giovane Leopardi lesse in varie solennità religiose i suoi Discorsi Sacri. Di notevole interesse sono anche le tele di Felice Damiano da Gubbio (1582), di Giuseppe Valeriani (1550) e Paolo de Matteis (1727).
Casa natale della marchesa Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi, e nella cui Galleria avvenne il matrimonio con Monaldo. L'edificio, risalente al XVI secolo, è caratterizzato da linee semplici ed eleganti; le iscrizioni in latino sugli architravi delle finestre richiamano il lustro della famiglia, prima "Antiqua" e poi "Anticia". Nell'edificio è custodito tra l'altro un importante archivio, in parte proveniente per eredità dalla famiglia romana dei Principi Mattei, cui apparteneva il cardinale Carlo Mattei, il quale siglò con Napoleone l'importante trattato di Tolentino. Da questa casa uscirono illustri uomini d'armi, di lettere e di fede, come i cardinali Tommaso e Ruggero, Rinaldo, capitano dei crociati, e il marchese Giulio, al cui nome è legata l'amministrazione della città di Recanati per circa venticinque anni.
Di fronte all'ingresso del palazzo, il cardinale Tommaso Antici fece costruire una scuderia, ornata di un tipico prospetto con alcune statue e busti provenienti dal circo Flaminio di Roma.
Costruita nella seconda metà del Cinquecento dai fratelli Pier Niccolò e Orazio Leopardi sopra un'antica chiesa, è legata alle vicende della famiglia Leopardi. Nel fonte battesimale del presbiterio fu battezzato Giacomo Leopardi il 30 giugno 1798. Un antico dipinto rappresentante la Beata Vergine è stato inserito nel muro sopra l'altare.
Antistante la casa natale del Poeta, la piazza prende il nome da una delle sue più celebri poesie.
L’elegante edificio, riunisce due antichi palazzi, fu eseguito su disegno del canonico conte Orazio Leopardi (1714-1799). Al primo piano vi è una Biblioteca di 4 sale voluta da Monaldo Leopardi, padre di Giacomo, che raccoglie oltre 25.000 volumi; in una delle sale, sono conservate le opere del Poeta. Il palazzo è in parte riservato alla residenza degli eredi Leopardi.
Centro Nazionale di Studi Leopardiani - Costruito alla fine degli anni Trenta su progetto di Guglielmo de Angelis d'Ossat con uno stile architettonico oggi rivalutato, è sede di continue manifestazioni culturali di livello internazionale, convegni, seminari, conferenze. Dal Centro sono partiti il progetto "Leopardi nel mondo" e la costituzione del Centro Mondiale della Poesia. Si può visitare un originale museo didattico-artistico dedicato alla vita, ai luoghi, ai personaggi e alle città di Giacomo Leopardi. Al Centro Studi sono conservati il Ritratto del Poeta, dipinto da Domenico Morelli, la maschera di morte, calco in gesso del volto del poeta defunto, manoscritti e numerose opere dedicate da artisti italiani e stranieri a Giacomo Leopardi.
Centro Mondiale della Poesia - Il Convento di Santo Stefano è attualmente aperto al pubblico come sede del Centro Mondiale della Poesia e della Cultura G. Leopardi. Da qui si può accedere al giardino delle suore , luogo frequentato dal poeta che vi poteva accedere da una stradina adiacente il Palazzo Leopardi (sembra che proprio da un muraglione del giardino, Giacomo si affacciasse per ammirare i “monti azzurri” e , probabilmente in quella zona è stato ispirato per la famosa lirica L’Infinito) Un vicolo tra il verde conduce lungo il muro di cinta di Casa Leopardi; in una casetta di fronte al giardino, d'inverno abitava Nerina, figura centrale delle Ricordanze.
E’ la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo, ispiratore dell’omonima poesia composta da Giacomo a 21 anni. Il colle era meta delle passeggiate del Leopardi che vi accedeva direttamente dal giardino di casa, passando attraverso l'orto del convento di Santo Stefano.
Nel 1616 furono costruiti il convento e la chiesa dedicati alla Madonna di Loreto. I frati cappuccini hanno sempre avuto rapporti con la vicina famiglia Leopardi: appartiene a essa la prima Cappella laterale destra, dove fu esposto il quadro della Madonna Consolatrice degli Afflitti, protettrice dei Conti Leopardi. Secondo la Regola dell'Ordine è senza ornamenti. Nell'altare maggiore, costruito in noce, quadro della Madonna di Loreto dipinto da Girolamo Cialderi (1593 - 1680 Urbino), ai lati due tele settecentesche raffiguranti Santa Chiara e Santa Margherita da Cortona. Nel secondo altare, alla destra di chi entra, La Madonna dell'Insalata, pregevole tela attribuita da storici dell'arte al grande artista del Cinquecento, Caravaggio. Sul piazzale di fronte alla chiesa fu eretta una stele in travertino, decorata con ceramiche di Arturo Politi e Rodolfo Ceccaroni.
Costruzione in mattone cotto, con ornamenti in pietra; si è incerti se attribuire il disegno, che risale alla fine del Quattrocento, a Giuliano da Majano o Luciano Laurana. Lo stemma che sovrasta il portone è dei Massucci della Stella, una delle più antiche e importanti famiglie nobili, ora estinta.
Settecentesco palazzo, già Massucci, costruito su edifici trecenteschi su disegno dell'architetto Carlo Orazio Leopardi. Fu l'abitazione del grande ceramista recanatese Rodolfo Ceccaroni. Nei sotterranei conserva un gioiello, “la grotta dei pupi”, sculture nel tufo arenario a massa compatta, forse di un allievo del Sansovino. Esse ritraggono personaggi con i costumi dell’epoca, ricchi di festoni di frutta e cariatidi, conchiglie e mascheroni.
Fu ricostruita in sostituzione dell'antica "Porta a Mare" in occasione della visita di Papa Pio VI nel 1782, su disegno dell'architetto Francesco Ciaraffoni di Jesi. Il busto bronzeo del Papa, fatto da Giuseppe Valadier, e le iscrizioni in oro furono depredate dai francesi durante l'assedio della Città. Lo stemma dei Braschi fu invece abbattuto nel 1860. Recentemente sono state restaurate le antiche porte in legno dell'epoca. Ai lati si possono ammirare i due posti di guardia nei quali risultano evidenti, oltre ai piccoli camminamenti, bocche di fuoco laterali.
Chiesa e annesso convento furono costruiti nel 1450 per l'Ordine dei Frati Minori Osservanti. Nel 1873, cacciati i frati e abbattuti due lati del convento, l'orto divenne Pubblico Cimitero, e qui si trova la tomba di Beniamino Gigli. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca e affreschi nelle lunette del portico. La Cappella di San Diego venne commissionata da Don Diego Zapata. Nella chiesa si trovano due tele di Pier Simone Fanelli, raffiguranti rispettivamente San Francesco e San Lorenzo da Brinidisi, e un dipinto con Sant'Antonio di Marino Pasqualini. L'altare ligneo risale al XVII secolo. La chiesa subì ulteriori trasformazioni alla facciata e al soffitto a travatura nel XVIII secolo.
All'interno del cimitero cittadino troviamo il sacello gigliano realizzato a forma di piramide e con interessanti iscrizioni. L'interno della tomba decorato con affreschi di Biagio Biagetti.
È uno dei palazzi più belli della città. Il prospetto fu rifatto nel 1719 da Ferdinando da Bibbiena, in cotto e con decorazioni in travertino. Sempre del Bibbiena è il disegno dell’atrio d’ingresso e della maestosa scala, la più ampia e tra le più belle che si possano vedere a Recanati. Palazzo frequentato dal piccolo Leopardi e dai suoi famigliari.
Si notano quattro archi murati in cotto a dentelli che formavano il portico, del quale, per la celebre fiera, erano fornite moltissime case di Recanati. Si tratta di un grande edificio in linea di particolare valore storico architettonico. La datazione presumibile dell’impianto originario risale al secolo XV.
Di fronte al Palazzo Venieri una delle zone verdi della città, i giardini pubblici, che si snodano su tre livelli e aprono un vasto sguardo sull’Appenino e l’entroterra marchigiano.
Il secondo centro artistico-culturale di Recanati è la piazza intitolata a Giacomo Leopardi, con il neoclassico Palazzo Comunale, costruito alla fine dell'Ottocento in occasione del primo centenario della nascita del poeta, su progetto di Pietro Collina. L'Aula Magna, nella quale risuonò il discorso commemorativo di Giosuè Carducci nel 1898 e dove è tuttora conservato il pianoforte di Beniamino Gigli, fu decorata dall'architetto Gaetano Koch, stesso autore del palazzo della Banca d'Italia a Roma. D'interesse all'interno del Palazzo Comunale sono anche la Sala di Rappresentanza con il busto del Poeta eseguito da Giulio Monteverdi, la Sala degli Stemmi con le insegne delle città che parteciparono al primo Centenario Leopardiano del 1898 e l'Aula Consiliare decorata da Matteo Tassi.
All'interno è presente una sala decorata con affreschi di scuola romana del XVI secolo. La facciata fu rifatta nell'Ottocento su disegno di Carlo Orazio Leopardi. Interessanti gli infissi che si affacciano su Corso Persiani.
Il prospetto, pur avendo subito alcune modifiche, conserva tuttavia il suo stile cinquecentesco. Sotto le finestre è scolpita la data "anno 1514". Durante il Governo pontificio fu sede del Governatore della città, che nel piano nobile teneva il suo tribunale. Il disegno fu eseguito da Cassiano da Fabriano.
Già Melchiorri, fu casa natale di Nicola Badaloni. Qui ha sede la Biblioteca "Padre Clemente Benedettucci" (l’ingresso si trova attualmente nell’edificio della Biblioteca Comunale) che conserva oltre 45.000 volumi, incunaboli, manoscritti, rare e preziose stampe che si riferiscono esclusivamente alla musica. Vi sono le partiture del repertorio bandistico, fantasie e trascrizioni di opere e operette, in particolare italiane, risalenti per lo più al periodo 1880/1930. Le finestre sotto le arcate della facciata sono settecentesche mentre il portale risale al Seicento.
Questa porta ghibellina fu parzialmente restaurata nell'Ottocento dall'ingegnere Collina. I caratteri medioevali sono ancora ben riconoscibili: la porta è formata da un grosso torrione con beccatelli a sporto e una cortina di difesa tagliata da una grande apertura.
La settecentesca facciata è stata restaurata di recente. Interno barocco, a una navata. L'altare maggiore è in legno con una velatura in oro zecchino, come in oro sono le decorazioni delle cantorie, del pulpito e dei coretti. La tela con l'Estasi di San Filippo è di Pier Simone Fanelli, agli altari laterali le tele di San Carlo e della Madonna e Santi rispettivamente di Andrea Pasqualino Marini e di Saverio Moretti.
E' dedicata alla natività di Maria Santissima e appartiene all'antica Confraternita dei Mercanti che al tempo delle fiere era preposta alla vigilanza dell'onestà delle mercature. Fu fabbricata intorno al 1770. Pala dell'altare era il quadro dell'Annunciazione, opera giovanile del Lotto, ora conservato presso il Museo di Villa Colloredo Mels.
Torri cilindriche erette nella prima metà del XV secolo, ai tempi degli Sforza. Ai piedi delle mura si estende l’area dell’antico “gioco del pallone”, ora trasformato in parco giochi; qui vinse il giocatore a cui il Leopardi dedicò nel 1821 l’ode «A un giocatore di pallone». Vastissimo si apre il panorama sulla zona costiera, da una terrazza sovrastante le mura.
Edificio del XVII secolo con facciata stile impero, mascheroni e grifi in terracotta. A progettare la costruzione fu l’architetto Tommaso Brandoni.
Detta anticamente di Santa Margherita. La trasformazione ideata dagli architetti Masserini e Brandoni, ha incorporato nella sovrastruttura la merlatura ghibellina, demolendo il corridoio di difesa che l'univa alla guardiola presso casa Monti.
Si trova nel quartiere di Castelnuovo la modesta casa che ha visto venire alla luce, il 20 marzo 1890, il celebre tenore recanatese Beniamino Gigli.
Chiesa di fondazione romanica appartenuta all'ordine dei Benedettini di Fonte Avellana, è la più antica di Recanati e risale alla prima metà del XII secolo. La facciata, dalla tipica struttura a capanna, è caratterizzata dalla presenza di tre rosoni (quello centrale occluso per metà per collocare l'organo) e da un pregevole portale in pietra, la cui lunetta fu scolpita da Mastro Nicola Anconetano con un bassorilievo rappresentante la Madonna in trono con gli Arcangeli Michele e Gabriele e datato 11 aprile 1253. L'interno originario è andato completamente cancellato dai lavori del 1840, anche se recenti restauri hanno riportato alla luce frammenti di antichi affreschi di Pietro da Recanati, risalenti all'inizio del XV secolo. La croce cerchiata in pietra, attualmente sopra il fonte battesimale, era nel rosone centrale. L'affresco raffigurante la Madonna con Bambino è attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano. Fra i dipinti che l'abbellivano erano anche La Trasfigurazione di Lorenzo Lotto e il Polittico di Guglielmo Veneziano, ora custoditi nella Pinacoteca di Villa Colloredo Mels. La torre campanaria, nella sua primitiva forma, è la più antica della città (XII secolo).
Eretta insieme al convento nel 1200, fu completamente rifatta nel 1766-68. Nell'interno pregevoli opere di Palma il Giovane: "la Risurrezione" nel primo altare a sinistra e "l'Immacolata" in sagrestia.
Gruppo di case costruite sui resti di un portico ad archi leggermente acuti con fregi in terracotta risalenti al XV secolo. Era la Loggia dei Mercanti, di costruzione medievale, dove venivano esposte le merci al tempo della celebre fiera.
Palazzo nel centro storico di Recanati: la parte centrale, rimasta intatta, fu edificata nel 1600, le ali laterali furono trasformate nel 1800. Fu costruita allo scopo di ospitare cardinali e alti prelati che da Roma si recavano in pellegrinaggio verso il Santuario di Loreto. I saloni del piano nobile hanno i soffitti splendidamente affrescati con scene mitologiche e grottesche. In quello principale si possono ammirare un camino in pietra del Settecento e un raro fortepiano a coda realizzato a Vienna e datato 1840. Dal bel giardino settecentesco nel cortile interno si può ammirare il Colle dell'Infinito.
Di particolare valore storico e architettonico, il quattrocentesco palazzo presenta linee semplici ed eleganti, con decorazioni in terracotta sulle finestre. Fu sede della Congregazione di Carità.
Ex Porta Colonna, ampliata nel 1846 e poi ricostruita nel 1899 si apre sulla circonvallazione e sulle mura.
Casa Capretti, detta comunemente "Casa del Boia", risale al XIV secolo. Interessanti le finestre in cotto dei piani superiori.
Il castello, costruito dai recanatesi alla fine del Duecento, è visibile da Recanati e da tutto il paesaggio circostante, fino al mare, al Monte Conero e ai paesi delle colline che gli fanno da corona. Si ritiene che la Torre, posta al centro del Castello e alta quaranta metri, fosse stata eretta per avvistare e segnalare i pericoli e le aggressioni nell'Età Comunale. La chiesa, dedicata a San Biagio, di cui si ha notizia sin dal 1184, fu eretta a parrocchia nel 1462. Essa superava nel Seicento le 300 "anime"; nell'Ottocento esse erano salite a 703. Le trasformazioni da castello murato a borgo rurale si ritrovano nelle caratteristiche architettoniche che portarono a continui interventi. Finalmente nel 2000 sono stati avviati i lavori di restauro del Castello che non è a tutt'oggi visitabile nell'interno, ma fin da ora Montefiore è meta di ogni visitatore che desideri meglio conoscere le nobili tradizioni di un popolo che conserva memoria delle antiche musiche e danze della "Castellana" e capire la poesia e le bellezze del paesaggio dolce che è tra le valli del Musone e del Potenza, tra il mare e i monti azzurri.